La valutazione della funzione renale è la strategia di analisi adottata dal medico per rilevare la presenza di eventuali patologie a carico di questi organi.

Tale strategia si fonda sul controllo di:

  • esami ematochimici di funzionalità renale, cioè degli esami del sangue.
  • accertamenti clinico – strumentali.
  • pressione arteriosa.

Questi esami devono essere associati anche ad un’adeguata anamnesi (il dialogo con il medico che porta a conoscere la storia del paziente e le malattie precedentemente avute) ed all’esame obiettivo (la visita vera e propria).

La valutazione della funzione renale è composta quindi da una serie di fasi dai nomi talvolta complessi: la detection, gli esami di funzionalità renale veri e propri, gli approfondimenti e la diagnosi finale.

Il primo step: la detection

La prima fase del processo di valutazione della funzione renale viene definita “detection”, un termine inglese che in italiano significa investigazione.

La detection di un problema renale consiste in:

  • Dosaggio della creatinina sierica,
  • Dosaggio dell’albumina urinaria,
  • Valutazione della pressione arteriosa.

La detection è una fase preliminare di “investigazione”, per l’appunto, perché gli esami da cui è composta vengono generalmente richiesti nel contesto di altri esami del sangue di routine.

Spesso non è presente nessun sospetto preciso di malattia.

Il risultato della detection consente, in maniera univoca, di stabilire se l’origine delle alterazioni possa essere di natura renale o meno.

Il secondo step: gli esami di funzionalità renale veri e propri

L’alterazione della creatinina sierica e/o dell’albumina urinaria e/o il riscontro di valori di pressione alterata indicano una compromissione della funzione renale.

Si deve ricorrere quindi ad una visita nefrologica, mettendo a disposizione del medico che effettua la visita il risultato di alcuni esami specifici.

Gli esami da presentare durante la visita specialistica

Perché la valutazione della funzione renale avvenga nella maniera più accurata possibile lo specialista deve avere a disposizione i seguenti esami del sangue e delle urine:

  • Creatinina: i cui livelli ematici e nelle urine vengono utilizzati per stimare la capacità del rene di depurare il sangue.
  • Azoto ureico: i cui livelli nel sangue (BUN) e urinari, vengono utilizzati per stimare il metabolismo proteico del rene.
  • Emocromo: che permette di registrare eventuali alterazioni del metabolismo dei globuli rossi.
  • Sodio ematico e urinario: le cui variazioni sono segno di un’alterata idratazione e di un’eccessivo uso di sale nella dieta di tutti i giorni.
  • Potassio: indica, quando è aumentato, una ridotta eliminazione renale di tale minerale ed un’eventuale co-esistenza di una condizione detta acidosi metabolica. I livelli di potassio aumentano a volte anche in seguito dell’assunzione di farmaci che ne modificano il riassorbimento e l’espulsione.
  • Calcio: da solo non rispecchia fondamentalmente un’eventuale disfunzione renale. I livelli di calcio nel sangue (calcemia) risultano di solito normali anche in caso di malattia renale, se non avanzata.
  • Fosforo: risulta aumentato solo nella fasi avanzate della malattia renale.
  • Esame chimico-fisico delle urine completo.

A cosa servono questi esami più specifici per la valutazione della funzione renale?

Gli esami del sangue e delle urine descritti vengono sfruttati dallo specialista, il nefrologo, per:

  • Inquadrare il grado di disfunzione renale, anche attraverso la misurazione con formule del Filtrato Glomerulare e della così detta clearance della creatinina.
  • Appurare o sospettare l’eventuale presenza di complicanze (acidosi metabolica, iperpotassiemia, anemia, etc.), per le quali adottare poi delle terapie specifiche.

La terza fase: gli esami di approfondimento diagnostico

Per avere un quadro completo delle condizioni della persona è buona norma aggiungere anche la valutazione di altri parametri come:

  • Proteinuria nelle 24 ore: per indagare la presenza di valori anomali di proteine nelle urine (inseriremo l’approfondimento per un altro articolo perché la spiegazione dell’albuminuria in un articolo così denso di informazioni risulterebbe troppo pesante e si rischierebbe di perdere l’attenzione di chi sta leggendo).
  • Reticolociti, cioè i globuli rossi non ancora maturi. Se aumentati sono indicativi di una forma di anemia detta normocromica e normocitica e di una ridotta produzione renale di eritropoietina (l’ormone che stimola la produzione di globuli rossi).
  • Vitamina D 25 OH: una forma della vitamina D che viene metabolizzata a livello renale.
  • Paratormone (PTH): il cui aumento indica spesso la presenza di una patologia detta iperparatiroidismo secondario dovuto all’insufficienza renale. Una sua alterazione può causare problemi anche a livello delle ossa e cardiovascolari.
  • Acido Urico: se aumentato è segnale di danno renale ma anche di un’inadeguata idratazione corporea.
  • Emogas Analisi.

La presenza di variazioni in questi esami porta generalmente alla diagnosi di malattia renale cronica (CKD).

Step 4: la ricerca delle cause dell’insufficienza renale

Come accennato inizialmente, la diagnosi di malattia renale non si effettua solo attraverso gli esami del sangue, delle urine e della pressione sanguigna.

Sono necessari anche un’adeguata anamnesi, cioè l’indagine sulla storia del paziente e le malattie precedentemente avute nel corso della sua vita, un esame obiettivo accurato (la visita vera e propria) e l’ecografia addominale.

In caso di diabete si effettua anche il dosaggio del glucosio ematico e della così detta emoglobina glicata.

Il diabete infatti rappresenta la principale causa di insufficienza renale nei paesi industrializzati.

Se si sospetta invece una sindrome metabolica il medico richiede anche un’analisi del profilo lipidico.

Altri esami speciali per la valutazione della funzione renale

In rari casi tutti questi dati ed esami possono non essere sufficienti a diagnosticare in maniera certa la presenza di un’insufficienza renale cronica .

Fortunatamente esistono altre indagini, molto specifiche, che permettono di accertare ulteriormente le condizioni di salute della persona.

Esistono ad esempio il profilo immunitario, per identificare eventuali malattie autoimmuni, oppure la scintigrafia renale o la biopsia renale.

Questi sono test non effettuati di routine, che possono essere richiesti solo in situazioni complesse.

La valutazione della funzione renale anche dopo la diagnosi

Gli esami di funzionalità renale devono essere effettuati periodicamente anche dopo la diagnosi, per il controllo della malattia.

Quelli più in uso sono la creatinina urinaria, per stimare eventuali peggioramenti della malattia renale, azoto e sodio urinari, l’Emogas Analisi, ed il così detto esame BNP (Peptide Natriuretico di tipo B).

Quest’ultimo serve a valutare lo stato di idratazione della persona e le sue variazioni nel tempo. E’ molto utile al monitoraggio dello stato di salute del nefropatico.

Controllando periodicamente l’andamento dell’insufficienza renale e seguendo con razionalità i consigli dei propri medici è possibile rallentare molto il decorso della patologia, mantenendo uno stile di vita soddisfacente.


Autore: Giovanna Pisanu – Nefrologa presso USL Toscana Nord Ovest 

Redazione per il web: Maria Rinaldi Miliani