Il trapianto renale è considerato il trattamento di scelta per la maggior parte dei pazienti in insufficienza renale terminale.

Offre una migliore qualità di vita, un miglior stato di salute a lungo termine ed è la cura sostitutiva della funzione renale meno costosa.

Un trapianto ben riuscito rende l’individuo libero dalle limitazioni imposte dai lunghi periodi di dialisi. Permette anche il ritorno della funzionalità sessuale e della fertilità, con la possibilità di diventare genitore.

In conclusione, nella maggior parte dei casi riconduce ad uno stile di vita normale.

Come avviene la donazione

Prima di parlare di trapianto è necessario però fare una premessa: esiste il trapianto solo se esistono i donatori.

Tutti dovremmo in vita esprimerci su tale argomento. Ad oggi, in Italia, è possibile in due maniere.

In molti comuni si può effettuare una scelta consapevole ed inserirla sul proprio documento di identità elettronico e di conseguenza in un database.

Il secondo metodo è quello di recarsi negli uffici della direzione sanitaria dei nostri ospedali nazionali ed effettuare la dichiarazione di volontà poi ugualmente trasmessa nel data base.

Detto ciò, cos’è il trapianto renale nello specifico? Che tipologie ne esistono e quando è nato?

La storia del trapianto renale

La possibilità di sostituire organi malati trapiantandone altri sani ha da sempre acceso la speranza umana, alimentando miti e leggende fin dall’antichità.

Il primo trapianto di rene coronato da successo lo eseguirono Murray ed Harrison nel 1954, tra due gemelli omozigoti: fu quindi un trapianto “da donatore vivente”.

Il trapianto funzionò per nove anni fino alla morte per cause extra-renali.

La stessa equipe nel 1956 eseguì un intervento simile in una coppia di gemelle: la ricevente visse fino agli anni ’90.

Queste prime esperienze aprirono la strada a numerosi altri trapianti da vivente, soprattutto negli Stati Uniti.

Agli inizi degli anni sessanta del Novecento si iniziò a eseguire anche trapianti di organo da donatore cadavere, la tipologia oggi più diffusa in Italia, utilizzando come farmaci anti-rigetto il cortisone e l’azatioprina.

Nel 1963 fu eseguito il primo trapianto di fegato, nel 1966 quello di pancreas, nel 1967 quello di cuore.

Quanti tipi di trapianto renale esistono?

 E’ possibile classificare il trapianto di reni in molti modi.

Una priva distinzione da effettuare è quella già accennata fra trapianto da donatore vivente e trapianto da cadavere, che non riguarda solo l’ambito nefrologico.

Trapianto renale da vivente e da cadavere

Nel trapianto da cadavere si impiegano di organi di soggetti in stato di morte cerebrale, segnalati dai reparti di rianimazione.

A volte si intende, in pochi selezionati casi, anche l’impiego di organi da donatore a cuore non battente (NHBD).

Al contrario, Il trapianto può essere definito da donatore vivente quando un familiare o un amico intimo decidono disinteressatamente di donare un rene al proprio caro.

A sua volta il trapianto da donatore vivente può essere compatibile, tra persone con lo stesso gruppo sanguigno, o contro gruppo, o in modalità cross-over.

Trapianto di rene singolo, doppio e trapianto combinato

Per quanto riguarda più strettamente il rene, il trapianto si definisce singolo quando quando il trapianto è di un solo rene o doppio quando i reni sono due.

La forma più frequente è il trapianto singolo.

Ma nei casi in cui sia il donatore che il ricevente abbiano un’età avanzata e il ricevente abbia firmato per un trapianto doppio da donatore marginale, si può scegliere il doppio trapianto, con ottimi risultati.

Esiste anche la forma combinata.

I trapianti renali si definiscono combinati in tre casi:

  1. Se viene effettuato il trapianto di rene e pancreas, contemporaneamente, nel paziente affetto da gravi forme di diabete di tipo 1
  2. quando viene effettuato il trasferimento di cuore e rene, in pazienti con grave insufficienza cardiaca e renale
  3. quando viene effettuato il trapianto di fegato e rene, in pazienti affetti da cirrosi epatica e insufficienza renale.

Il trapianto pre-emptive

Esiste un’ altra forma di trapianto, in questo caso preventiva: il trapianto pre-emptive.

Il termine indica un intervento effettuato quando il paziente non ha ancora iniziato la dialisi.

Normalmente si esegue avvalendosi di un donatore vivente.

In alcune Regioni d’Italia è possibile eseguire il trapianto pre-emptive da donatore cadavere.

Questo tipo di trapianto si effettua solo se non c’è compatibilità con i pazienti in lista e già in dialisi.

Trapianto di rene: procedura

Per accedere al trapianto di rene in Italia è necessario essere iscritti in una Lista Trapianto gestita da un determinato Centro Trapianti.

Questo valuta l’idoneità clinica e psicologica del paziente al trapianto ed esegue uno studio genetico in collaborazione con gli specialisti in immunologia dei trapianti (tipizzazione HLA).

Una volta ritenuto idoneo al trapianto di rene, il paziente entra nella lista d’attesa per il trapianto. Attualmente i tempi medi di attesa sono di 2-3 anni.

Il nefrologo e l’equipe degli ambulatori di nefrologia di appartenenza del paziente provvedono allo studio accurato della persona malata, gestendo le eventuali controindicazioni al trapianto, le complicanze e gli aspetti psicologici.

Terminato lo studio, che dura in media 3/6 mesi, l’equipe compila la cartellina, spedita a due centri trapianto, uno della stessa regione di residenza del paziente e uno fuori regione.

Il centro fuori regione si sceglie in base a criteri personali del paziente e consigli sanitari, valutando la distanza che poi sarà importante nel post trapianto.

Il centro trapianti prende visione della documentazione valuta ulteriori approfondimenti e comunica l’appuntamento per il paziente.

Tutto viene definito da linee guida e direttive del Centro Nazionale Trapianti e protocolli interni dei centri trapianto.

Cosa succede dopo il trapianto renale ?

Il trapianto di rene consente una riabilitazione socio-lavorativa totale e una qualità di vita buona.

La persona trapiantata con un organo ben funzionante si sottopone periodicamente a controlli laboratoristici e strumentali e assume quotidianamente la terapia immunosoppressiva e di supporto.

Può svolgere tutti i lavori evitando però quelli particolarmente faticosi o che si svolgono in ambienti sporchi o polverosi.

Può praticare tutti gli sport con qualche cautela nel caso di sport a rischio di gravi traumi.

Inoltre, Può viaggiare senza problemi particolari.

Basta che utilizzi tutte le precauzioni igieniche quando si tratta di recarsi in paesi con infezioni endemiche, ed eviti i paesi in condizioni sanitarie degradate.

L’uscita dalla dialisi solleva il paziente e di conseguenza la sua famiglia anche sotto il profilo psicologico facendolo sentire autonomo e più libero.

L’organo trapiantato generalmente inizia subito a funzionare producendo abbondante urina, anche se in alcuni casi la ripresa funzionale può essere ritardata e richiedere ancora qualche trattamento dialitico.

Il decorso post operatorio in questi ultimi anni si è notevolmente ridotto e in media dopo 15-30 giorni il paziente torna alla propria abitazione con solo una serie di appuntamenti e regole da rispettare.